BLOC Fest Day 2 – Una giornata alla Badia di Pattano

BLOC Fest Day 2 – Una giornata alla Badia di Pattano

Dopo gli immaginari antichi del Parco Archeologico di Velia, la seconda giornata dell’edizione zero di BLOC Fest è stata all’insegna dei panorami suggestivi del complesso del Monastero della Badia di Pattano. Un luogo unico, sospeso tra lo spazio e il tempo, che sabato ha ospitato gli incontri e i live della rassegna.

A partire dal secondo appuntamento di BLOC Talk, con un focus sulla sostenibilità alimentare: l’incontro “Le scelte consapevoli, i grani antichi” ha approfondito i temi della consapevolezza al consumo, anche in chiave ambientale, e dell’educazione all’alimentazione, che proprio nel Cilento trova una lunga tradizione con la definizione proprio dei principi legati alla dieta mediterranea. Hanno partecipato all’incontro, moderato da Mariarosaria Nese, founder di Dieta Mediterranea Experience: Francesco Sottile della Fondazione Slow Food per la Biodiversità, Mimmo Pontillo di Slow food Campania, Edmundo Soffritti dell’Azienda Agricola la Petrosa, Antonio Pellegrino dell’associazione Terra di Resilienza e Paolo de Simone di StoriediPane.

Ma il clou della giornata è stato affidato ancora una volta alla musica live, con una serata densa e all’insegna della nuova musica e della sperimentazione.

Ad aprire le danze il live audio-video dell’artista Grand River e del visual artist Marco Ciceri. L’italo-olandese Aimée Portioli – questo il nome dietro il progetto della compositrice e sound designer – ha portato a Bloc Fest il suo stile unico, che fonde la musica elettronica sperimentale e un’inclinazione cinematografica. Un mix incredibile, capace di accostare composizione tradizionale e ricerca sonora contemporanea, creando atmosfere sognanti e coinvolgenti grazie anche all’integrazione con l’impianto visivo creato da Marco Ciceri.

La portata principale è stata offerta poi da Joan Thiele, cantautrice e producer italo-colombiana, che ha Caputo coinvolgere il pubblico con il suo stile unico, tra pop, atmosfere urban contemporanee e sonorità vintage.

Proprio con lei abbiamo scambiato qualche battuta prima del suo live, per farci raccontare il suo percorso artistico e la poetica che sta dietro i suoi brani ↓ ↓ ↓

Nelle tue recenti interviste Joan hai parlato di condivisione e momenti comunitari, all’insegna di un linguaggio e di un’intenzione di ricezione che è propria del progetto degli Atti. Come questa volontà di comunione si è espressa oggi, con la tua partecipazione ad un festival come Bloc, per cui comunità e collettività sono due linee guida? 

J: Il fatto di aver le persone sedute ai festival quest’anno è stata vista come una cosa negativa perché non eravamo abituati all’idea di essere seduti ad ascoltare. Invece la sorpresa è che c’è anche un aspetto positivo, che è il discorso di ricreare dei teatri che, è come se in qualche modo avesse dato una certa luce all’ascolto. Non che prima le persone non ascoltassero in piedi ma ho notato che il ricreare una sorta di teatro in qualche modo riporta poi una certa attenzione. È come se avessi ricreato il concetto che avevo degli atti; immaginavo proprio di ritrovarmi davanti le persone a condividere questi piccoli atti come se fossimo al cinema. 

E come credi che le atmosfere dell’abbadia, il misticismo di questa location, potranno accogliere la tua musica? 

J: Io credo che la cosa bella di questo festival sia soprattutto la location, cioè il fatto che siamo completamente immersi nella natura e che le persone per arrivare, che siano una, cento o dieci, sono venute ad ascoltare e si sono lasciati accogliere dalla natura.  C’è un’assoluta immersione e il fatto di dover arrivare in un luogo e immergersi di più dà un’attenzione ancora più forte a quello che stai facendo, come se diventassimo un tutt’uno con il luogo in cui sei. Qui la natura è molto forte.

Aspra, incontaminata…

J: Si esatto! Se vogliamo pensare al cinema mi sono venuti in mente molti western, no?! Mentra arrivavamo qui, durante il viaggio in macchina ci capitava di ascoltare Piero Piccioni; insomma una musica da colonna sonora per immergerci anche nell’universo cinematografico.

Una natura immersiva e avvolgente che offre però tanto spazio per l’intimità… più di un teatro, più di qualsiasi altro posto credo che questo ti permetta un dialogo con il pubblico diretto, senza filtri.

J: Assolutamente, infatti intendo il teatro come scambio, come luogo di ascolto, di ricezione, un luogo dove io dedico a te e tu dedichi a me. Qui l’energia del luogo è molto forte, non sai mai come ti prende.

C’è all’interno dei tuoi brani, nella tua estetica una continua metamorfosi, quasi kafkiana e credo che questo contesto meglio di altri possa celebrarla 

J: Si, si può parlare di una metamorfosi… È una metamorfosi perché ogni volta è diversa sul palco. Quello che per me è curioso è cercar di vedere cosa succede, come ci si sente, come trasformo, cosa recepiscono gli altri, cosa arriva. Questa è forse la metamorfosi che mi piace di più quando faccio musica, l’inaspettato per cui non sai mai come viene recepita.

In quello che dici percepisco una verità..  

J: Per me quello che faccio, la mia passione, il mio lavoro è anche un gioco ma non puoi mentire su quello che sei, sulla trasmissione di ciò che hai dentro.

Ma non è finita qui! Oggi vi aspettiamo a Casterlnuovo Cilento per dj-set e prodotti tipici all day con: it’s BLOC Soundsystem day!